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Cosa sapere e gli errori da non commettere per evitare la fuga immediata dei visitatori dalle pagine del tuo sito web

Qual è il tempo medio di permanenza di un utente su una pagina web? Circa 15 secondi.

Ed è anche il tempo che hai a disposizione per catturare la sua attenzione e far sì che continui a  esplorare il tuo sito più in profondità.

La “regola dei 15 secondi” di cui parlava Jakob Nielsen già diversi anni addietro, consiste proprio in questo: se non hai generato interesse in questo breve lasso di tempo, probabilmente non lo farai più.

Basta davvero poco perché un utente lasci una pagina web, dai tempi di caricamento troppo lunghi ai contenuti poco d’appeal.

Per valutare se il tuo sito è costruito in maniera efficace sotto ogni aspetto (visual, content, design) la metrica che devi sempre monitorare è la frequenza di rimbalzo.

Cos’è la frequenza di rimbalzo

Si tratta di una delle metriche più importanti per Google Analytics, che misura la percentuale di persone che abbandonano il tuo sito dopo aver visitato una sola pagina, senza svolgere alcuna azione.

Un utente “rimbalza” fuori dal sito quando non c’è stato alcun coinvolgimento e/o non ha trovato ciò che cercava. Si può dire che quanto più alta sarà la frequenza di rimbalzo, tanto meno efficace sarà il funzionamento del sito in questione.

Naturalmente, è bene considerare le diverse casistiche, che variano da settore a settore. Se si parla di un sito a scopo d’informazione, il fatto che un utente termini la navigazione dopo aver visitato una sola pagina, non è necessariamente un indicatore negativo.

Ma nel caso in cui la struttura del sito presupponga un’interazione, allora potrebbe esserci qualcosa che stai sbagliando.

La creazione di contenuti di qualità è importante non solo per catalizzare l’attenzione del lettore, ma anche per guadagnare credibilità agli occhi del motore di ricerca.

La frequenza di rimbalzo, infatti, non costituisce di per sé fattore di ranking perché l’algoritmo di Google non utilizza i dati di Analytics; ma se l’utente abbandona il tuo sito per tornare ai risultati di ricerca, ecco che il discorso cambia e quel tipo di rimbalzo potrebbe penalizzare a livello di indicizzazione.

Secondo YOAST la frequenza di rimbalzo può rappresentare un campanello d’allarme sotto tre aspetti:

  • la qualità è bassa: non c’è niente che inviti a impegnarsi
  • il pubblico non corrisponde allo scopo della pagina, quindi non ci sarà interazione
  • i visitatori non hanno trovato quello che stavano cercando

Una pessima user experience

Molto spesso un’alta frequenza di rimbalzo è dovuta a una cattiva esperienza di navigazione.

Un design scadente, che offre troppe opzioni e risulta dispersivo, oppure con dei tempi di caricamento lentissimi, equivalgono all’abbandono della pagina.

Hubspot ha pubblicato le linee guida per un design efficace:

  • Semplicità: eliminare ogni elemento non essenziale
  • Gerarchia: organizzare gli elementi in base alla rilevanza
  • Navigabilità: creare un percorso di navigazione semplice e ovvio
  • Coerenza: l’aspetto deve essere uniforme in tutto
  • Accessibilità: il sito deve essere accessibile da tutti i dispositivi
  • Convenzionalità: usare sempre elementi che le persone conoscono
  • Credibilità: saper anticipare il search intent
  • Centralità dell’utente: monitorare le risposte degli utenti agli elementi del sito per ottenere la migliore UX.

Più il sito risulterà user friendly, minore sarà il rimbalzo. Usabilità e disponibilità sono i fattori chiave per aumentare il tempo di permanenza: se il sito non è ottimizzato per tutti i tipi di dispositivi, elementi come collegamenti interrotti o mancanza di reattività mobile potrebbero essere deleteri se stai cercando di convertire un visitatore in un lead.

L’assenza di interazioni

Un escamotage che viene usato per aumentare il traffico, è quello di registrare nomi di dominio con storpiature di nomi di siti molto cliccati  (“yuotube.com” o “faecbook.com”) prevedendo gli errori di battitura più comuni degli utenti e “sottraendo” una fetta di utenza al sito originale.

Peccato che poi il tempo di permanenza sulla pagina non supera quasi mai i 30 secondi.

Un nome di dominio fuorviante o acchiappa click possono essere fattori di abbandono, poiché quando l’utente arriva sul sito non ci mette molto a rendersi conto di non trovarsi dove dovrebbe.

Se l’utente arriva su una pagina e non trova ciò che cerca, abbandona in pochi secondi, ma lo stesso avviene quando le informazioni sono troppe.

Un surplus di informazioni non solo farà impennare il rimbalzo ma risulterà anche penalizzante dal lato SEO.

Le informazioni ridondanti sono sempre sinonimo di cattiva navigazione: il focus principale non deve mai essere seppellito da altre informazioni superficiali.

Contenuti non aggiornati o illeggibili aumentano la frequenza di rimbalzo

Per aumentare il tempo di permanenza e invogliare l’utente a continuare ad esplorare il tuo sito devi essere una “fonte autorevole” nel tuo settore.

Ciò significa che i tuoi contenuti dovranno essere pertinenti, aggiornati e fatti per intercettare l’esigenza del momento.

Se stai proponendo post datati, i visitatori potrebbero rimbalzare via anche solo guardando la data. Anche se i dati sono ancora rilevanti, sono i contenuti recenti che ti danno credibilità agli occhi del pubblico.

Anche se si tratta solo di aggiornare numeri e statistiche, è importante non trascurare quest’aspetto.

Oltre a trasmettere conoscenza ed esperienza nel settore, i contenuti devono essere leggibili. Niente scoraggia la lettura più di un muro di testo, scritto senza variazioni di carattere e/o spazi bianchi.

È sempre consigliabile inserire blocchi di testo, che siano intervallati anche da immagini e che lascino alla pagina un po’ più di respiro.